giovedì 8 ottobre 2009
Toño ti ricordiamo così
lunedì 29 giugno 2009
Violati i principi democratici: colpo di stato in Honduras
LE PARTI PRINCIPALI:
“E’ un complotto delle oligarchie delle forze armate che mi hanno tradito per lasciare il popolo come sta e fermare un processo democratico partecipativo”.
“Hanno sparato, rotto il portone di casa con le baionette, un sequestro brutale”.
“Mi hanno portato alla Forza Aerea, salito su un aereo e portatomi in Costarica”.
“Se gli Stati Uniti non sono dietro il golpe questi non resisteranno neanche 48 ore”.
“Domani parteciperò a Managua a una riunione di tutti i presidenti centroamericani contro il Golpe”.
“Mi vogliono rovesciare perché voglio la democrazia partecipativa”.
“Sento molta pena per il popolo nobile e pacifico dell’Honduras. I golpisti continuano con metodi del secolo passato”.
“Chiedo a tutte le forze progressiste del paese, alla chiesa cattolica che si pronuncino per lasciar parlare il popolo, adesso si sente solo la voce di un gruppo di militari. Faccio un appello al dialogo”.
“Un governo usurpatore non può essere riconosciuto da nessuno”.
“Anche l’ALBA si riunisce domani a Managua”.
“Non c’è maniera di comunicare con il popolo dell’Honduras perché i golpisti hanno interrotto tutti i mezzi di comunicazione”.
“Chiamo il popolo dell’Honduras alla resistenza non violenta al golpe”.
“Un gruppo delle Forze Armate che ha realizzato il golpe è manipolato dall’élite economica che ha il controllo sul parlamento”.
sabato 27 giugno 2009
Settimana del Venezuela a Milano
Milano, si apre il 29 Giugno 2009 con un discorso iniziale del dott. Vidal Falcon console generale della Repubblica Bolivariana, la settimana del Venezuela. Nel'ambito della fiera latinoamericana, questo sarà un importante appuntamento per far conoscere la cultura e la vita di un paese e di un popolo al quale, da quando è governato dal Presidente Chavez non viene dato il giusto riconoscimento. Questo mancato riconoscimento è frutto di pregiudizi e incapacità di comprendere dinamiche sociali che stanno modificando gli assetti geopolitici di tutto il Sud America.
Questi cambiamenti hanno coinvolto paesi Sud Americani come Bolivia, Ecuador, Nicaragua, Honduras ed ultimamente stanno coinvolgendo il Perù che, con rivendicazioni da parte dei nativi ispirati da questo spirito nuovo che deve molto al presidente Venezuelano, combattono contro lo sfruttamento del territorio ad opera delle multinazionali straniere.
Se un paese perde le sue radici culturali, la sua storia, la sua arte, la sua lingua diventa incapace di creare, e svanisce. Questo è quello che stava succedendo nella Repubblica del Venezuela prima del avvento di Chavez, governata da un gruppo di neoliberalisti borghesi al soldo delle grandi potenze e multinazionali mondiali.
“Settimana del Venezuela”
Artigianato, Arte, Turismo, Cocktail di Ron e tanti assaggi della cultura venezuelana durante tutta la settimana. Al Padiglione delle Nazioni si svolgerà la settimana dedicata al Venezuela con la collaborazione del Consolato Generale del Venezuela
Programma
Artigianato.
Con la collaborazione delle associazioni venezuelane “Ventanas de Venezuela” e “Asociación Bolivariana de Venezuela en Italia” nello spazio dello stand si esporranno dei prodotti tipici venezuelani quali, bambole realizzate artigianalmente, amache, oggetti vari realizzati in argilla, in legno, in bronzo o rame.
Arte.
Esposizione di opere di artisti venezuelani e la Proiezione in loop delle opere audio-visive.
Turismo Proiezione di video turistici promozionali del Venezuela e distribuzione di materiale promozionale e informativo ai visitatori. Gastronomia e Musica (01, 02 e 05 luglio)Verrà offerto ai visitatori un aperitivo venezuelano. Il catering sarà a cura del Signor Antonio Garces, chef del Venezuela.
Cocktail Pampero.
Il Rum Pampero sarà presente l’1 il 2 e il 5 luglio con il proposito di far conoscere oltre che con la degustazione, anche con la proiezione di un video, che nel processo di produzione sono presenti la
tradizione e la storia del Venezuela.
VENEZUELA
Venezuela, paese dai mille volti e terra di contrasti che suscita, con la sua incredibile varietà di paesaggi, emozioni sempre diverse. Esteso e vario, il territorio venezuelano riserva paesaggi e ambienti unici al mondo: la solare costa caraibica fronteggiata dagli arcipelaghi delle Piccole Antille, la regione Guayano-amazzonica con le spettacolari sagome dei tepuyes, l’immensa foresta amazzonica, maestosi fiumi e cascate, le praterie dei llanos che si perdono all’infinito, le valli andine.
A nord, a circa 130 km da Caracas, sorge l’arcipelago di Los Roques, con i suoi 350 isolotti immersi nella spianata di un mare che sfuma dal blu al turchese al verde smeraldo, un’oasi dalla bellezza selvaggia e primitiva con candide spiagge di sabbia madreporica, acque tiepide con trasparenze di cristallo, reef corallini dove nidificano colonie di pellicani, aironi bianchi e gabbiani reali. L’intero arcipelago è Parco Nazionale dal 1972 e solo Gran Roque, l’isola più grande, è abitata: una manciata di casette di pescatori dipinte con i colori solari dei tropici, un paio di bar e una piccola pista di atterraggio. Per i subacquei è un paradiso incontaminato che offre delle meravigliose immersioni in parete o su suggestivi pinnacoli ricchi di variopinte gorgonie e corallo cervello attorno ai quali ruotano coloratissimi pesci pappagallo, barracuda, squali, mante e carangidi. La vita comincia presto, con abbondanti colazioni in posada, per proseguire con le escursioni in barca nelle isole vicine. Grazie a queste giornate di totale relax si avrà la possibilità di prendere il sole, fare dello snorkelling lungo la barriera corallina o provare l’ebbrezza del windsurf. Dopo il rientro a Gran Roque, è possibile passeggiare lungo le viuzze dell’isola dove non ci sono automobili né strade asfaltate per lo shopping nei negozietti ricchi di souvenir. La sera spesso vengono organizzate feste di paese in cui tutti si lanciano nelle danze o più semplicemente si può assaggiare il rum venezuelano nei localini disseminati lungo la via centrale dell’isola.
mercoledì 17 giugno 2009
HASTA LA VICTORIA SIEMPRE !!! ALBERTO PIZANGO CHOTA
Alberto Pizango ha il suo nemico proprio in casa, è il gruppo Romero, gigante dell' agrobusiness in Perù, che è riuscito a farsi assegnare dal governo 30.000 ettari di foresta vergine nel territorio della sua parrocchia per disboscare e poi sostituire gli alberi con piante oleose destinate alla produzione di biodiesel. «Una sorta di prova generale verso la distruzione dell' Amazzonia peruviana, per questo siamo stati i primi a muoverci». «Il mondo ha scoperto il Perù in questi giorni, con la strage, ma i nostri fiumi sono già inquinati di petrolio, i nostri bambini hanno piombo e cadmio nel sangue e ogni giorno vedo gli animali morire e fuggire dalla selva in distruzione». Io non credo a una parola di quel che il governo ha raccontato sulla strage di Cagua. «Controllano tutto, i media e le coscienze. Gli indios sono un movimento pacifico, non hanno armi da fuoco e si sono soltanto difesi dalla polizia. Dicono che Alberto Pizango (leader della rivolta) sia sostenuto dalla Bolivia, così buttano tutto in politica, per dire che dietro gli indios ci sono Morales e Chávez». E i poliziotti sgozzati dai manifestanti? «Non è vero niente. I nostri si sono solo difesi. Tutte fandonie, una scusa per imporre all' Amazzonia peruviana lo stato di emergenza e il coprifuoco». Alla storia dello sviluppo, dei posti di lavoro nella foresta che nascerebbero con i nuovi investimenti non credenessuno: «Non si è mai visto. Le regioni dove operano le multinazionali del petrolio e del legno sono quelle con i tassi più alti di miseria, malattie e emarginazione. Il governo sta lavorando d' accordo con gli Stati Uniti per cambiare le nostre leggi, svuotare le norme della Costituzione che parlano di protezione della foresta e dei popoli indigeni».
"L' America e l' Europa sono responsabili del delitto di neocolonialismo, la tragedia di questa gente."
Un discredito accentuatosi ancora con lo scoppio della crisi globale. Questa può essere - oltre alla psicolabilità crescente di García, di cui tutti parlano a Lima - una delle ragioni per cui ha deciso di scatenare esercito e polizia per stroncare la protesta (come fece nell'86 con massacro di 400 detenuti nel carcere di Lurigancho). Il movimento indigeno, finora, era stato pacifico anche se sempre più duro. Tagli di strade e di fiumi, occupazione dei pozzi petroliferi e di terre, sporadici scontri. Continuavano a chiedere l'annullamento dei decreti, il riconoscimento dei loro diritti storici sulle terre comunitarie (di cui, ovviamente, non possiedono i titoli di proprietà individuale), il diritto all'acqua prima che quello del petrolio e del rame, il diritto alla vita. Chiedevano il dialogo con il governo centrale. Ma nessuno li ascoltava. Così a metà maggio si sono dichiarati «en insurgengia» e hanno indurito la protesta. Miguel Palacin Quispe, leader della Caoi, Coordinadora andina de organizaciones indígenas, e Alberto Pizango, leader dell'Aidesep, Asociación interétnica del desarrollo de la selva peruana, hanno proclamato una «giornata nazionale di lotta indigena» per domenica 3 giugno, poi rinviata al 7 luglio per vedere se i negoziati col governo e il dibattito annunciato al Congresso dessero qualche risultato. Il 4 giugno l'ultimo schiaffo: la decisione del Congresso di rinviare il dibattito. García ordinava la repressione. Ora contro Pizango è stato spiccato ordine di cattura anche se il 5 giugno era a Lima e non a Bagua. Però il premier, Yehuda Simon, un passato di sinistra in Izquierda unida e nella Commissione per i diritti umani, 8 anni di carcere per contiguità con il «terrorismo» dell'Mrta, l'aveva detto fin da maggio: «Se ci saranno atti di violenza, responsabili non saranno la polizia o i soldati, e neanche i nativi: solo il signor Pizango e quelli che gli stanno dietro». Ieri ha parlato di «un complotto contro i peruviani». Una storia già letta.
domenica 31 maggio 2009
Vargas Llosa lo scrittore stupido...
L’argomento forte dell’intellettuale ultraliberale è che la lettura che vede il problema dello sviluppo latinoamericano anche in termini di razzismo delle minoranze creole che hanno sempre governato il continente contro le minoranze native e afroamericane, non sarebbe altra cosa che una forma di razzismo indio di ritorno contro i bianchi.
L’argomento è inconsistente, pretestuoso ed opinabile ma, approfittando della mancanza di memoria o del pregiudizio dei suoi stessi lettori, Vargas Llosa reinterpreta così il conflitto razziale che è parte della storia latinoamericana. "Un latinoamericano tanto più si arricchisce tanto più è bianco, ma se si impoverisce si indianizza" scrive Vargas Llosa e neanche si rende conto del proprio razzismo privato insito in tali affermazioni. Quindi il pregiudizio razziale sarebbe in America Latina soprattutto un pregiudizio socioeconomico. E’ un argomento non privo di senso comune come di demagogia. Ma è un argomento che ricorda quello del partito razzista sudafricano che difendeva l’apartheid come legittima difesa bianca contro il presunto razzismo dei neri.
Quella che usa l’illustre retore peruviano è la nota figura retorica del razzismo ribaltato. Chi, come le classi dirigenti creole latinoamericane, sono sempre state razziste, improvvisamente scoprono, si preoccupano e si indignano per il presunto razzismo di una società che non riconosce più la loro "superiorità razziale", se i rapporti di forza nella società stessa si modificano. Perciò, in società storicamente dominate dalle minoranze bianche, e razziste, sarebbe preoccupantemente razzista qualunque fenomeno politologico che privasse quelle minoranze del potere politico ed economico. Le classi dirigenti di sempre, sempre bianche, scoprirebbero secondo Vargas Llosa il loro meticciato -dopo essersi sbiancate per generazioni più di Michael Jackson- per dimenticare i privilegi dei quali hanno sempre goduto in un ridicolo: "siamo tutti meticci".
Il pregiudizio socioeconomico evocato da Vargas llosa però non spiega il radicale dislivello di reddito e di accesso ad educazione e salute tra bianchi e non bianchi. Soprattutto dimentica il razzismo istituzionale imperante nel continente dove, senza risalire alla schiavitù o alla conquista, fino a pochi anni fa la grande maggioranza india della Bolivia non aveva permesso di entrare nella piazza Murillo, la principale di La Paz -un vero e proprio sistema di apartheid- o per le classi medio/alte antiperoniste argentine il popolo peronista era composto solo da "testoline negre". Il razzismo in America Latina è sempre stato sinonimo del conflitto di classe, ma di questi tempi non è conveniente evocarlo.
Vargas Llosa dunque riscopre l’essenza meticcia d’America (vivaddio!) ma solo per colpire quei governi che si propongono di superare e democratizzare l’accesso al governo offrendolo per la prima volta nella storia a chi ne è stato escluso per 513 anni.
Non è una novità per l’ex scrittore peruviano. Questo, da quando ha esaurito l’ispirazione letteraria, si è riciclato come propagandista in servizio permanente effettivo al servizio della causa di tutti i governi di destra latinoamericani, del Fondo Monetario Internazionale, del neoliberismo più ortodosso e del Partito Repubblicano statunitense.
Vargas Llosa sembra avercela a morte con Evo Morales che definisce "un arrivista furbo come una lucertola con esperienza solo come manipolatore di uomini e donne". A Chávez in questi anni ha dedicato decine di articoli, pieni più di insulti rancorosi che di argomenti politici. Vargas Llosa non si cimenta a spiegare la stranezza del perché mai un madre lingua aymará o quechua non sia mai diventato presidente della Bolivia prima di Evo Morales ma è sicuro che quello di Morales, Chávez, e domani probabilmente di Humala rappresentano: "un nuovo razzismo". Non è neanche interessante per Vargas Llosa spiegare come e perché nell’ultimo quarto di secolo, quello del trionfo del neoliberismo che difende a spada tratta, in Perù e Bolivia -paesi che hanno applicato alla lettera tutti i dogmi neoliberali- l’altezza media della popolazione si è abbassata di 3 cm, sono raddoppiati i bambini che alla nascita pesano meno di due kg e la durata media della vita oramai è più vicina ai 50 che ai 55 anni. L’importante per Vargas Llosa è delegittimare quelle stesse persone, più basse, più denutrite e con un’aspettativa di vita più bassa, nel momento in cui riescono ad esprimere una maggioranza di governo.
Le strumentali accuse di razzismo contro Morales e Chávez seguono di pochi giorni le farneticanti accuse di antisemitismo contro il presidente bolivariano Hugo Chávez, definite come assolutamente inconsistenti da organizzazioni ebraiche sia venezuelane che statunitensi. La crescita di frequenza e virulenza di accuse infondate quanto delegittimanti come quelle di razzismo e antisemitismo contro i governi progressisti latinoamericani è parte di una campagna di stampa tendente alla delegittimazione di questi da parte del governo degli Stati Uniti alla quale scrittori come Vargas Llosa collaborano attivamente.
Il governo degli SU, che più volte ha fatto definire tali governi come "nuovo asse del male latinoamericano" e che ha organizzato e dato il benestare al fallito colpo di stato a Caracas l’11 aprile 2002, orchestra continue campagne di stampa delegittimanti contro i governi progressisti latinoamericani. Sono campagne di stampa riprese con munificità di spazi dalla stampa euroccidentale senza apparato critico, né verifica, né controcanto alcuno. Veline di Washington. Il pretestuoso e diffamante articolo di Vargas Llosa probabilmente in settimana sarà ripreso e tradotto da qualche grande quotidiano italiano. E farà opinione.
giovedì 16 aprile 2009
11 Aprile 2002. Venezuela: IL GOLPE TELEVISIVO
Ieri 15 Aprile a Milano presso la Casa della Cultura si è svolto un incontro promosso dall' associazione culturale Punto Rosso; riguardante il tentato golpe borghese in Venezuela del 11 aprile 2002 e della successiva liberazione del presidente Hugo Chavez.
Presentava il dibattito il dott. Vidal Falcon
(console generale Repubblica Bolivariana del Venezuela di Milano)
intervenuti:
José Luiz Del Roio (Associazione Culturale Punto Rosso – presid. Socialismo XXI-Forum Sinistra Europea)
L'argomento trattato è ormai parte della storia del XXI° secolo, mostrando palesemente come il potere dei media ha svolto un ruolo determinante nel tentato golpe dell' 11 Aprile 2002.
Pedro Francisco Cardamona prese parte, insieme ad un considerabile numero di generali e civili al golpe di Stato anche conosciuto popolarmente appunto come “ el carmonazo”, ai danni del governo democraticamente eletto di Hugo Chávez, l' 11 Aprile del 2002 del. Il giorno seguente assunse l’incarico di “Presidente della Repubblica” dopo aver autoproclamato un “governo di transazione democratica e di unità nazionale”. Di fatto però questo governo, figlio di un colpo di Stato, risultava completamente illegittimo data la mai avvenuta rinuncia dell’incarico da parte di Chávez, rapito ed in mano ai golpisti. Carmona con il suo primo decreto sciolse il Parlamento eletto, destituì tutti gli altri poteri, dichiarò l’abbandono dell’OPEP da parte del Venezuela, ripristinò la vecchia costituzione abbandonando quella del 1999 votata dal popolo, e cambiò il nome della Repubblica Venezuelana cancellandone la parola “Bolivariana”. Tra le prime decisioni di questo governo golpista anche la rinuncia al patto di cooperazione che legava il Venezuela a Cuba. Immediatamente gli USA si affrettarono a riconoscere il nuovo governo, seguiti a breve intervallo dalla Spagna di Aznar, dove il quotidiano El Pais, legato tramite il gruppo “Prinsa” ad alcuni media venezuelani, giustificò il colpo di Stato. In seguito si scoprì anche l’appoggio al golpe e quindi al nuovo governo Carmona anche dell’ Inghilterra di Tony Blair e dell' Israele di Ariel Sharon. I media Venezuelani ebbero anch’essi un ruolo determinante sia nell'organizzazione che nell'esecuzione del golpe e dato che tutti erano convinti della sua definitiva riuscita, si sbilanciarono in interviste, trasmesse su tutte le reti, dove parlavano del lavoro organizzativo dei militari e civili artefici dell'evento, nascondendo però la verità sul golpe di Stato e le proteste popolari in atto in tutto il Venezuela. Il 12 aprile a Caracas infatti cominciarono seri disordini con saccheggi di negozi (soprattutto di quelli considerati appartenenti a lobbies anti-Chávez). Nei giorni 12 e 13 Aprile la polizia uccise più di 200 persone, gli ospedali accolsero centinaia di feriti. La gente, come già accaduto a Caracas circondò anche la base dei paracadutisti del generale Baduel a Maracay chiedendo a gran voce il ritorno di Chávez. Lo stesso avvenne in molte altre località; si calcola che in tre giorni più di sei milioni di persone siano scese per le strade a difendere Chávez ed il suo governo. Nella notte del 13 aprile l'allora vescovo di Caracas, Antonio Ignacio Velasco Garcia, fu inviato all' isola La Orchilla on un jet privato probabilmente di proprietà dei Cisneros, dove avrebbe dovuto convincere Chávez a firmare la rinuncia e partire con lo stesso jet verso una qualsiasi destinazione, forse Cuba. Durante l'incontro arrivarono tre elicotteri per riportare Chávez a Miraflores.
Con il rientro di Chávez, e il suo ritorno al potere il 14 Aprile, gli scontri ed i saccheggi cessarono.
martedì 3 marzo 2009
5 Motori del Socialismo Bolivariano
Le grandi linee di trasformazione del Progetto Nazionale Simón Bolívar in campo politico, sociale, economico, militare e territoriale, internazionale ed etica: cinque principali motori per procedere come una locomotiva vittoriosa.
"Questa legge è che l'Assemblea nazionale ha autorizzato il Presidente del Consiglio dei ministri, e le procedure descritte nella Costituzione, l'emissione di decreto-legge".
"Il secondo conducente, il socialista riforma costituzionale".
"Abbiamo intitolato alla Repubblica socialista del Venezuela e che richiede una profonda riforma della Costituzione".
TERZO MOTORE Educazione Istruzione con valori.
"Il terzo componente rilevante del motore è ciò che abbiamo chiamato la" Nazionale Gran Moral y Luces ".
"Il quinto motore, esplosione rivoluzionaria del potere comunale."
"Questo motore del progetto socialista bolivariana ha la più grande forza. Ma questa esplosione, creatore del potere comunale dipende per il suo sviluppo e il successo (il successo degli altri quattro motori). Dipenderà dalla legislazione (in un buon modo), la riforma della Costituzione, la Giornata Nazionale del Moral y Luces, la nuova geometria del potere e di altri fattori. Ecco perché è urgente che (assumiamo il compito) immediatamente. "
lunedì 2 marzo 2009
10 Ragioni per votare Chavez
domenica 1 marzo 2009
27 Novembre 1992 La Nascita Del Sogno Bolivariano
dallo scenario economico nazionale.
Il Presidente Hugo Chávez ha lanciato un appello ad affrettare la nascita delle Imprese di Produzione Sociale (EPS la sigla in spagnolo) per trasformare progressivamente il modello produttivo venezuelano in direzione del socialismo del XXI secolo, obiettivo sostenuto dalla Rivoluzione Bolivariana.
"L’obiettivo è farla finita con il dominio del capitalismo nello scenario economico nazionale" ha sottolineato.
Chávez ha detto che la prospettiva è un modello economico associativo, diversificato, nell’ambito del quale gli investimenti ufficiali assumano una vocazione sociale, composto da entità pubbliche e private, nonché dalla proprietà collettiva.
"In queste imprese non esiste discriminazione né privilegi associati alla posizione gerarchica", ha commentato nel programma ‘Aló Presidente’ 241, trasmesso dal Centro Culturale ‘Battaglia di Santa Inés’ di Tia Juana, situata lungo la costa orientale del Lago di Maracaibo, nello stato di Zulia.
Il Capo dello Stato ha inaugurato la Prima Esposizione della EPS, organizzata da Petróleos de Venezuela (PDVSA), alla quale stanno partecipando circa 160 imprese fornitrici o interessate a fornire beni o servizi all’industria petrolifera nazionale.
Il presidente venezuelano, dopo aver esaltato i vantaggi di queste imprese ed il loro peculiare valore, autentico e non alienato, nelle quali non esiste discriminazione sociale nel lavoro né privilegi nelle mansioni associate alla posizione gerarchica, ha messo in risalto che "il socialismo del XXI secolo non nega l’impresa privata, purché questa sia al servizio del paese e del suo sviluppo integrale. Il settore privato sta comprendendo che deve lavorare con lo Stato".
Ha insistito sul fatto che la messa in marcia del nuovo modello economico venezuelano suppone una grande creatività ed inventiva.
Il massimo leader del processo Bolivariano ha evocato la ribellione militare avvenuta il 27 novembre 1992 "data", ha detto, "che segnò la nascita del sogno bolivariano".
"Quel giorno i suoi compagni di lotta percorsero il paese abbracciando il popolo" ha commentato.